“Vincenzina ora lo sa”, un romanzo “di trasformazione” dei personaggi che prende la mano e fa riflettere
Un libro che «prende la mano» e che «pone tantissimi problemi», «una lettura umana e anche dolorosa», che racconta l’Italia operaia degli anni ’70 mostrando la forza della solidarietà femminile. Nel pomeriggio, presso la libreria “L’angolo delle Storie” al centro storico di Avellino, è stato presentato il romanzo di Maria Rosaria Selo “Vincenzina ora lo sa”, che «vive a Pozzuoli, conosce la realtà dell’Italsider» e in passato ha lavorato anche nel capoluogo irpino per qualche tempo. Protagonista del libro è Vincenzina Ruggero, un «personaggio quasi di fantasia» creato dalla Selo, una ventenne nella Napoli del 1975 che dall’oggi al domani si vede costretta ad abbandonare gli studi universitari dopo la morte del padre, operaio nell’acciaieria di Bagnoli (l’Italsider, ndr), e a entrare in fabbrica, “la terza della sua famiglia che entra nel cantiere” come le viene detto. Da quel momento in poi comincia la sua storia
«La morte del padre la obbliga a prendere su di sé il peso della famiglia - ha esordito Emilia Bersabea Cirillo di “Parole TraNoiLeggere” -. Vincenzina entra in fabbrica («‘o cantiere» come lo definisce la Selo) con i capelli rasati, se li taglia lei da sola disperata, all’inizio» va a lavorare lì «per dovere filiale. La madre Antonietta è una donna che vive nel ricordo imperituro del marito Ferdinando e che non ha quasi visto le figlie, Vincenzina e Giulia. Questa è la dimensione in cui Vincenzina non riesce a trovarsi. Il libro di Rosy Selo è un libro che prende la mano, pone tantissimi problemi, è una lettura umana e anche dolorosa. La vicenda è ambientata tra il 1970 e il 1980, un periodo di grandi manifestazioni. La sorella di Vincenzina, Giulia, è una 16enne e rappresenta il mondo che abbiamo prodotto, è il tallone d’Achille di questa famiglia, ha tutte le smanie del consumismo, fa una vita molto diversa da quella che Vincenzina si augurava. E poi c’è la Napoli di quegli anni, («bidimensionale» come afferma la Selo nel corso di questo intervento), e le strade sono ben descritte».
«Quando ho creato Vincenzina l’ho fatto in maniera lieve, ho lavorato molto per rendere leggera la storia e per raccontare la durezza di quello che accade - ha sottolineato l’autrice -. È un romanzo di trasformazione dei personaggi, non di formazione. Volevo raccontare questa fabbrica, mi sono documentata molto» e il risultato è «una storia con la “s” maiuscola e una storia piccola, di un’operaia che conduce una vita modesta. Il dramma di Giulia è la solitudine, si sente sola quindi sbaglia».
«Ci sono questioni e domande in questo romanzo, che è in parte storico» perché «racconta fatti veri - ha aggiunto Anna Catapano di “Parole TraNoiLeggere” -. Il romanzo si svolge soprattutto nel 1975, anno di grandissima mobilitazione delle masse popolari, anno che si percepisce e si vede nella narrazione che Rosy Selo fa. Le questioni di cui si parla in questo libro, che sono di 50 anni fa, le vediamo anche oggi. Vincenzina e Giulia sono anche le due facce di Napoli, quella proletaria e quella borghese, ma è anche altro. Vincenzina è la maturazione di un processo politico» che vuole portare a miglioramenti, «Giulia ci fa prevedere quello che succederà dopo».
Nel corso dell’evento sono stati letti tre brani del romanzo a cura di Antonella Bolognese. La chiusura della presentazione del libro è stata fatta dalla forte testimonianza di Silvia Curcio, operaia di Industria Italiana Autobus (IIA) e simbolo della lotta Irisbus, che ha iniziato il suo intervento rispondendo a una domanda che le era stata posta. «La vita nelle fabbriche è molto cambiata, oggi è un mondo solo di opportunismo e oggi dobbiamo convincere i lavoratori a scioperare - ha spiegato la Curcio, che in mattinata ha protestato sotto il palazzo della Prefettura assieme ad altri lavoratori IIA e a rappresentanti sindacali per dire no alla svendita dell’azienda di Flumeri -. Sono 13 anni che lottiamo per la fabbrica di autobus, dopo 13 anni la fabbrica è ancora aperta, ci siamo riusciti con nove Governi a tenerla aperta ma con questo Governo siamo arrivati al capolinea. I rapporti non sono più quelli di una volta, oggi non c’è più nulla. Non c’è più credibilità nel sindacato e non si lotta più per mantenere i diritti che sono stati conquistati prima. C’è un mondo sommerso nel mondo del lavoro che non viene fuori», dalle lotte negli anni ’70 che hanno portato diritti «abbiamo creato questa generazione “liquida”. Penso che siamo a un punto di non ritorno».