Medea, la donna dietro il mostro
Molti la ritengono una delle migliori tragedie mai scritte; altri, abusata fino allo sfinimento. Sta di fatto che la Medea di Euripide è un capolavoro della letteratura greca. Protagonista è Medea, giovane principessa originaria della Colchide perdutamente innamorata dell'eroe greco Giasone. In nome di quest'amore lei è disposta a fare qualunque cosa (oh, che romantico! Non così tanto quando tagliuzza il fratellino appena nato lanciandone i pezzi al padre che la insegue che neanche nei film di Tarantino). La giovane segue l'eroe, dal quale ha avuto due figli, a Corinto; qui però, dopo alcuni anni, lui la ripudia per sposare la principessa Glauce, così da poter accampare diritti di successione sul trono, mentre la "barbara" Medea sarà esiliata. E qui si apre un dialogo serrato tra i due, con lui che adduce motivazioni personali ed egoistiche, mentre lei lo esorta a pensare al bene dei figli, che il marito vuole condannare a crescere senza una madre.
Medea non può sopportare tutto ciò: lei ama sinceramente Giasone e i figli, ma odia l'uomo che l'ha tradita e sfruttata per i suoi scopi. Non è una donna che si fa scrupoli a commettere azioni criminose, e allora non si fa problemi ad uccidere Glauce e il di lei padre Creonte. Ma l'impenitente Giasone imparerebbe la lezione? Cosa gli vieterebbe di cercarsi un'altra principessa da sposare? E allora Medea deve colpirlo nel profondo, nell'unica cosa a cui lui davvero tiene: i figli. È davvero il caso di dire che fa più male a lei che a lui. Dopo uno struggente monologo in cui è combattuta fra l'amore materno e la brama di vendetta, tra il desiderare gli abbracci e i baci delle innocenti creature, vederli crescere e diventare uomini forti e vigorosi, e tra la volontà di vedere colui che l'ha spinta a diventare un mostro, a uccidere il suo stesso fratello, colpito nel profondo e ridotto al guscio di ciò che era, prevale la seconda.
Medea è un personaggio molto più complesso di quanto possa apparire da queste poche parole. Non è un'assassina spietata e priva di rimorsi, né incapace di provare compassione o amore: è una madre che ama sinceramente e teneramente i propri figli, e per questo non può sopportare di non poterli veder crescere, di saperli lontani da lei. Non voglio giustificare le sue azioni, né ha intenzione di farlo Euripide, per quanto il coro si schieri con lei. È una madre sì, che però ha tolto la vita ai suoi figli ("lei, lei che quella vita gliel'ha data"). Ma non potrebbe avere punizione più grande del rimorso che la tormenterà finché avrà un alito di vita.