Nei mesi in cui è cambiato il mondo, anche l’approccio europeo alla crisi è stato radicalmente modificato. Soprattutto su spinta all’Italia, i meccanismi d’aiuto creati per affrontare l’emergenza economica scatenata dal coronavirus sono diventati «patrimonio comune dell’Europa». È su questo concetto che ha insistito ieri Sergio Mattarella con Giuseppe Conte e la delegazione dei ministri, come di consueto ricevuta al Quirinale alla vigilia del Consiglio europeo. Ora però bisogna compiere l’ultimo miglio. Attivare «il più presto possibile» i colossali fondi che ha messo a disposizione Bruxelles. Per farlo non basterà il summit europeo di oggi, declassato a poco più che un incontro informale in videoconferenza, anche per le distanze siderali che restano con i Paesi cosiddetti «frugali», Olanda e Austria in testa. La vera partita si giocherà da qui al Consiglio del 9-10 luglio, il primo che vedrà fisicamente i leader nuovamente riuniti a Bruxelles, e al vertice straordinario successivo che quasi sicuramente verrà convocato per definire una volta per tutte il Recovery Fund.
Fino ad allora i negoziati saranno quotidiani. E, come ribadirà oggi Conte, l’Italia farà qualsiasi tipo di resistenza contro i piani dei falchi del Nord che vogliono aumentare la quota di prestiti rispetto a quella dei sussidi che attualmente compongono i 750 miliardi.