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"La vedi quella palla?": il testo del poeta irpino Roberta Lombardi

La vedi quella palla?



La vedi quella palla?

Non il calciatore che palleggia, no , ma la palla soltanto, sospesa un attimo, poi giù dritta, perfetta, rotonda, a scacchi.

Come puoi dire che non sia una metafora?

Ma non lo sapevamo, come fino ad ora non lo sapevi tu: l’afferravamo e iniziavamo a correre, a calciare ed esistere solo in quel momento.

Questo è giocare e tutto è gioco, l’ultimo minuto è la fine non solo d’una partita, ma di tutto ciò che è d’uomo, ma non lo sapevamo, come fino ad ora non sapevi tu: stavamo lì a bocca aperta, a denti stretti, per poi parlarne fino alla prossima.

Noi non volevamo essere così per forza, ma non sapevamo fare altrimenti; la TV non ci han mai insegnato tanto quanto nei programmi di calcio, di sport: non solo le partite, ma in tutte le interviste v’era una lezione; nei tradimenti e nelle sorprese del calciomercato; nelle urla degli opinionisti v’erano importanti messaggi sulla vita, su come va il mondo.

Sacrifici, certo; sudore e crampi, ma se valevi, valevi, e tanto.


Le ragazzine non l’hanno mia capito che l’amavamo proprio per queste cose: credevano nel romanticismo, nella dolcezza, è vero, ma quell’agonismo sano, quel fare sportivo era l’essenza del Mondo, ciò di cui avevano bisogno, inconsciamente, ciò di cui non sapevano d’aver voglia.

Ops, l’ho detto... ho svelato un mistero.

Ora non siamo più la palla, no, ma il calciatore.

Scatto, una finta, così: piede/spalla/busto, e via, la metto in mezzo.

Questa è grandezza, ma loro non lo sanno, come invece noi sapevamo, lo capivamo benissimo: ad ogni rete, ad ogni incontro eravamo lì e soltanto lì, eravamo il campo oltre i suoi confini, eravamo partecipi come se importasse davvero.


Come puoi dire che non sia una metafora?