Ipocriti: una razza diffusa. La riflessione
Secondo Pirandello ognuno di noi è uno, nessuno, centomila: è vero che in noi esistono molte identità, ma vi è un nucleo originario, come quello del seme della pianta, che dice chi siamo in essenza e questo non andrebbe tradito. L’ipocrita, nasconde senza tregua se stesso, i propri sentimenti, cercando di apparire quello che non è.
È dei grandi la sincerità: i grandi uomini hanno sradicato da dentro di loro l’ipocrisia, si fanno seppellire coi loro segreti piuttosto, ma non si modificano per far piacere a qualcuno o ottenerne vantaggio. Forse gli ipocriti si accontentano del poco che raccolgono con tanta fatica di copertura e tradimento di sé e degli altri, mentre predicano quel che non praticano e agiscono secondo una logica che non predicano.
Ci sono ipocriti un po’ di tutti i tipi: i manipolatori, ma anche i falsi buonisti, convinti di essere nel giusto, gli ipercomprensivi, e i falsi modesti, quelli che si indignano per i principi fintanto che i principi spetta agli altri averli, quelli che giudicano gli stessi difetti che hanno loro stessi, e poi tutti quelli che esigono, che insinuano, che vedono nel successo altrui motivo di sospetto. Gli ipocriti più incalliti si trovano in chi inneggia alla pace e all’onestà con rabbia, non sopporta la ricchezza, ignora il bello e cerca sempre di elogiare chi è buono. Gli ipocriti si riconoscono nelle piccole cose: come ti danno la mano, come si comportano quando c’è da pagare il conto al ristorante, quanto amano parlare male del prossimo o viceversa adularlo ed elogiarlo quando ce l’hanno di fronte. Nelle grandi cose ci si maschera facilmente, nelle piccole dove si pensa di non essere visti, è lì che ci si tradisce.
Bisogna guardare come un uomo tratta il suo dipendente, la donna delle pulizie o il cameriere: allora si capisce come tratterà sua moglie, i suoi figli e in generale che tipo di individuo sia. Buonisti e manipolatori sono le due facce di un Giano bifronte: il punto è sempre lo stesso: il bisogno di mettere una maschera. Nel primo caso quella della “bella persona” da cui non escono critiche o emozioni negative, il che fin da piccoli serve per farsi accettare dagli altri, anche se ci stanno facendo del male. Nel caso del manipolatore quella del “vincente”, che serve per gestire l’insicurezza, cercando di realizzare scopi fuori dalla propria portata, adottando uno stile di vita che spesso non gli appartiene.
Di Youssef Marzullo