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Intervista ad una giovane ballerina napoletana: Ylenia Otranto

Ylenia Otranto è nata nel 1998 e inizia a frequentare la scuola di danza a 6 anni. Quest’anno ha raggiunto il traguardo del diploma. La danza è un’arte dinamica, in continua evoluzione. E’ un mondo di eleganza, di amicizia e di rispetto verso gli altri, di creatività e condivisione di emozioni. Un mondo di sacrifici e sudore, al quale devi dedicare tutto te stesso. La danza è terapeutica, insegna la disciplina non solo a lezione ma anche nella vita e plasma il carattere di chi la pratica. Chi si avvicina all’arte o sceglie di dedicarle un pezzo della propria vita possiede verso le cose e le persone una sensibilità differente rispetto agli altri. E' proprio per questo che AV LIVE decide di analizzare e raccontare il percorso di queste persone. Oggi incontriamo Ylenia.


Intervista di Youssef Marzullo


Quando hai compreso che la tua vena artistica sarebbe stata la danza?

Sin da bambina, quando alla tv trasmettevano programmi e film d’animazione in cui c’erano delle ballerine, le imitavo e già sognavo di danzare sulle punte e sui tacchi. Così, all’età di sei anni mia madre decise di iscrivermi al corso di predanza. Le lezioni mi annoiavano: troppi esercizi basici che erano, ovviamente, adatti alla mia età, ma io volevo fare già le cose “dei grandi” e quell’idea di danza mi deluse, così ne lasciai lo studio, per riprendere direttamente all’età di tredici anni. Durante quegli anni, però, danzavo sempre e comunque a casa era il mio hobby preferito, il mio piccolo mondo in cui rinchiudermi. A casa mia c’era una stanza disabitata dal resto della famiglia in cui portavo il pc portatile per la musica e cominciavo a danzare sui brani del momento, imitando le ballerine dei video musicali e di tutorial per le coreografie e creandone altre.


Chi è il maggior sostenitore in famiglia?

Mia madre è colei che più mi ascolta quando ho delle difficoltà e cerca di presenziare ad ogni mia esperienza, però ho l’appoggio di tutti. Sono cosciente del fatto che nessuno in famiglia è un ballerino, e dunque non riesce a comprendere come davvero sia vivere in questo mondo.


Hai raggiunto da poco un traguardo importante: il diploma. Come hai vissuto quel giorno e quali sono
state le emozioni, oltre alle difficoltà?

Prima di affrontare quella giornata mi sono preparata mentalmente per non farmi prendere dal panico, cosa che può succedere per qualsiasi motivo, prima e durante la performance, ma che limita o addirittura rovina tutto il lavoro di un anno. Quando è arrivato il momento di entrare in scena l’emozione ha preso il sopravvento ma in pochi minuti sono riuscita a domarla. Ho preso sempre più confidenza col palco. Il percorso non è stato facile, soprattutto l’ultimo anno ho dovuto affrontare grandi difficoltà e grandi paure ma ho dovuto superarle. Durante lo spettacolo pensavo solo a dare il meglio di me, per rendere giustizia a me stessa e alle mie aspettative e rendere orgogliosi i miei cari oltre che la mia maestra e il mio maestro di passo a due.


Cosa ti aspetti dal futuro?


Dal futuro mi aspetto la danza, sempre. Sarà un elemento che non mancherà mai nella mia vita, qualunque ruolo potrà investire, se quello di una professione o di una passione. Mi ha accompagnato da quando ero bambina e a vent’anni fa ancora parte della mia vita. Sono convinta che non mi lascerà mai, perché è la forma d’arte che mi rende capace di esprimermi meglio. Può significare una sfida mai scontata.


Raccontaci un episodio bello e uno meno bello capitati durante la tua vita legata alla danza.


Ricordo che quando ero in vacanza studio a Londra per i miei diciotto anni, ho visto un artista di strada a Portobello che suonava il bongo. Mi sono avvicinata e travolta dal ritmo mi sono messa a danzare senza pensare al fatto che ero lì, in un luogo pubblico in cui tutti potevano guardarmi e stupirsi. Quando ho finito lui mi ha fatto un discorso in inglese in cui mi diceva di non lasciare mai che qualcuno possa infangare la mia passione: crederci sempre e non mollare davanti a nessuna difficoltà. Quel discorso mi ha colmato di emozioni, è stata una cosa rara. Un episodio brutto è accaduto quando ad un saggio era in previsione un salto correndo prima sulla schiena delle mie compagne accovacciate a terra che formavano una scala. Sull’ultima ho messo male un piede, prendendo comunque lo slancio per saltare in alto, ma sono caduta di lato, su una gamba, il pubblico non se ne accorse. Sembrava che la coreografia lo prevedesse ma solo io posso sapere quanto male faceva. Si dice "The show must go on", quello è stato certamente un momento in cui doevevo seguire quella concezione.


Ci racconti la tua giornata “tipo”? Soprattutto nei periodi in cui è stato vivo lo studio della danza


La mia giornata “tipo” è sempre cominciata con la frequentazione assidua e costante della scuola prima e dell’università poi. All’uscita sono sempre corsa a casa per poter cominciare a studiare in fretta e a riposarmi per affrontare al meglio la lezione. Nel tardo pomeriggio ci si reca a scuola di danza per fare stretching e riscaldarsi subito dopo aver indossato la divisa e fatto lo chignon. Poi comincia la lezione con la maestra con una durata e una frequenza diversa a seconda del periodo. La domenica qualche volta si effettuano stage con maestri esterni o si partecipa concorsi e gare. Allo studio della danza ho abbinato la palestra una volta alla settimana, la praticavo soprattutto nell’ultimo anno per essere più forte e sentire di meno la fatica. 


Quanto la danza può a parer tuo essere di aiuto nella formazione pisco fisica dei giovani? (che la praticano)

Dal punto di vista fisico va considerato che la danza è una disciplina che allena il corpo in modo completo, lo aiuta a fortificarsi, ne aumenta l’agilità, allunga i tendini, corregge la postura e rende i movimenti della persona che la pratica dolci e aggraziati. Dal punto di vista psicologico aiuta a crescere sviluppando un carattere più forte rispetto a chi non la pratica, la disciplina rende il giovane ballerino preciso, organizzato, generalmente più maturo rispetto ai suoi compagni non danzatori. Inoltre fa comprendere quali sono le priorità, crea aggregazione, spesso spirito di squadra e fiducia in se stessi e nelle proprie potenzialità.

Qual è lo stile nel quale ti sei sentita maggiormente espressiva?


Tra il classico, il moderno ed il contemporaneo, sicuramente l’ultimo dei tre. Non saprei spiegare precisamente perché, credo che la danza classica, prima di arrivare a certi livelli in cui la tecnica diventa impeccabile o quasi, fa concentrare l’artista solo su quest’ultima, perché la danza classica è perfezione, armonia, disciplina e soprattutto non ammette errori tecnici. Per quanto riguarda la danza moderna, dipende dal genere. Esistono migliaia di “sottostili” per ogni stile, e ce ne sono alcuni come il lyrical in cui mi sento di esprimere me stessa, ma nulla a confronto col contemporaneo che è sì, tecnico, ma che permette di impersonare qualsiasi cosa. Con la danza contemporanea si può immedesimarmi nelle cose del mondo, soprattutto quelle che vivo, che vedo, che sento, diventare parte di loro. La mia maestra ha scelto per il mio assolo un’interpretazione della natura nella danza contemporanea, elemento che sento dentro ultimamente, di cui sto apprezzando le bellezze.


Segui il programma “Amici di Maria de Filippi”? Cosa ne pensi?


No, guardo molto poco la tv. Non mi piace seguire programmi televisivi, mi dà fastidio sapere che è tutto un po’ finzione, anche in quelli che si presentano come specchi di vita reale e quotidiana. Conosco diversi ballerini che hanno partecipato ad “Amici”, come Anbeta Toromani e Kledi Kadiu, incontrati l’una come esaminatrice della mia scuola a fine anno accademico e l’altro come maestro di stage di modern. Da ciò che sporadicamente guardo su YouTube reputo che in generale i ballerini di “Amici” siano molto preparati tecnicamente e generalmente versatili, dei veri professionisti.


Quali sono le maggiori problematiche che incontra una ballerina nel danzare: è più faticoso il ruolo della donna rispetto a quello dell’uomo?


Più che problematiche, parlerei di difficoltà. Imparare una tecnica (quella classica, obbligatoria per il conseguimento del diploma) molto lontana da quello che risulta il naturale movimento dell’essere umano, fa andare incontro a uno sforzo mentale e muscolare notevole. L’allenamento deve essere costante, spesso può risultare difficile, all’inizio anche scoraggiante. Non va interrotto mai lo studio della tecnica. L’uomo e la donna svolgono un programma di classico, ma anche di moderno e di contemporaneo, molto simili. La tecnica è la stessa, ci sono alcuni tipi di salti o di piroettes che studiano più gli uomini che le donne e viceversa, ma cambia poco. Vero è che durante i pas de deux, in particolare quelli di classico, il ruolo più importante è quello della donna, ma l’uomo deve sostenerla, imparare come fare le prese e applicarle in modo naturale.

Che cosa consigli a dei genitori che hanno figli aspiranti ballerini?

Consiglio loro di rispettare e sostenere sempre i loro figli. E’ vero che i sacrifici da fare sono innumerevoli e di grandi proporzioni, ma la danza non è solo una possibile professione, è tanto altro. Regala benefici e aiuta nella crescita. Perciò è bene lasciare che i figli inseguano le loro passioni, non dimenticandosi di accompagnarli con tanti consigli e dritte. Ai ragazzi dovrebbe importare il parere che hanno di loro i propri genitori. L'arte è da sempre l’elemento più emozionante delle vite di tutti noi.