Gli errori e lo sfacelo dell'esercito italiano: lo sbarco in Sicilia
Era il 10 luglio 1943 quando le truppe alleate iniziarono l'operazione Husky, ossia l'occupazione della Sicilia. Ciò che accadde 79 anni fa non fu un caso, ma lo zenit di un Rossiniano crescendo di errori, di sottovalutazioni, di deficienze che da tempo avevano caratterizzato l'esercito italiano e l'alto comando regio.
La lista degli errori italiani nella seconda guerra mondiale è lunghissima: tralasciando quelli di natura geopolitica (la guerra agli USA del 1941, il silenzio all'annessione di Trento e Friuli alla Germania del 1943, etc.) molti errori che costarono l'alloro a Roma furono legati a cause militari.
Il primo errore gravissimo fu il mancato assalto all'isola di Malta. Tale isola, all'epoca inglese, dominava la rotta del Mediterraneo che andava dalla Spagna al canale di Suez, e quella che andava (e va) dalla Sicilia alla Libia. Mussolini si limitò a bombardare la Valletta con pochi bombardieri e rifiutò di occuparla, forse sottovalutando l'esercito italiano, forse temendo un massacro, forse temendo una reazione di contrattacco più grave. La mancata occupazione permise agli inglesi di dominare il Mediterraneo senza problemi, aiutati anche dalla mancata occupazione di Gibilterra (dove ci furono solo azioni di sabotaggio), Cipro (totalmente dimenticata) e Suez.
Altri errori gravissimi furono la tenace resistenza, quasi morbosa, nell'AOI, settore ormai indifendibile e mal rifornito. Le truppe avrebbero dovuto concentrarsi sul settore egiziano e sconfiggere le armate inglesi presso Alessandria. Inoltre altri macigni negativi furono la guerra parallela di Grecia (1940) con uno stato maggiore inefficiente, e il continuo invio di armate in Russia. Il 10 luglio di 79 anni fa dunque rappresenta il crollo di un castello di sabbia, di speranze di vittoria più che impossibili. Un rapido declino dell'asse Germania-Italia, che arriverà a conclusione due anni dopo.