Crisi Ucraina: la Russia resiste davvero alle sanzioni?
Il rublo sta diventando una delle valute più forti al Mondo.
Russia in default tecnico e la guerra non si ferma.
L’inizio della crisi Ucraina ha provocato una dura reazione, in campo economico, da parte di Stati Uniti, Europa e rispettivi alleati.
In tempi da record, sono state messe sul piatto sanzioni e misure sempre più dure e stringenti, che hanno portato la Russia al suo primo default sul debito estero dal 1918. Era impensabile, però, non avere una forte reazione da parte dei russi: grazie all’incremento della produzione e dell’export di petrolio, oltre alla resilienza dei primi mesi, JP Morgan riduce le proiezioni di contrazione economica della Russia al solo 3.5%, la metà rispetto a Marzo.
L’impatto delle sanzioni contro la Russia
La guerra in Ucraina ha, in qualche modo, ricompattato un Occidente che sembrava troppo indaffarato nelle faccende interne per occuparsi attivamente di Europa, NATO e alleanze transoceaniche. Dal 24 Febbraio 2022, giorno d’inizio della crisi ucraina, i leader occidentali hanno reagito con relativa fermezza, imponendo sanzioni via via più pesanti e più distruttive alla Russia, con l’obiettivo di tagliar fuori l’Orso dalle tratte commerciali, rallentarne import ed export, bloccarne la produzione interna (specie di armamenti) e costringerlo, in ultima istanza, ad abbandonare i suoi piani espansionistici.
Il 30 Giugno, la task-force a guida statunitense incaricata di scovare e bloccare asset degli oligarchi russi e della banca centrale ha annunciato di aver congelato più di 330 miliardi di dollari. Una cifra record che sembra destinata ad aumentare, con l’attività del gruppo che proseguirà nei prossimi mesi. L’impatto iniziale delle sanzioni, in particolare il blocco all’import e all’export di beni provenienti da Europa e Stati Uniti, sembrava poter mettere inginocchio i russi in breve tempo.
Ciò che molti ignorano, è che l’Orso era perfettamente preparato ad assorbire queste manovre: Mosca ha costruito una vera e propria “fortezza economica” intorno a sé, portando all’estero le sue riserve (impreparata, tuttavia, ad un loro congelamento), istituendo il “System for Transfer of Financial Messages” (SPFS), l’alternativa al sistema SWIFT, e cercando di rendersi indipendente dal dollaro. Il sistema di tassazione è stato anche adattato alle fluttuazioni del prezzo del petrolio, rendendo l’economia più resistente ad eventuali crolli nel valore del greggio.
Sono stati alzati i tassi d’interesse, liberalizzate alcune manovre bancarie ed attuate misure per aumentare la capitalizzazione. Tutto questo non ha, però, salvato la Russia dal suo primo default tecnico dal 1918: a mezzanotte del 27 Giugno è scaduto l’ultimo termine di pagamento delle sue obbligazioni internazionali. Si tratta di 100 milioni di dollari di interessi, divisi su due bond. Il fatto curioso ed interessante non è tanto il mancato pagamento, quanto il perché sia mancato: sono stati chiusi i canali di trasferimento da parte dei creditori. “Abbiamo portato il cavallo all’acqua, ma non possiamo obbligarlo a bere”, dice il Ministro dell’Economia russo. Il default avrà certamente degli effetti nel lungo periodo, allontanando gli investitori, non solo Occidentali, rallentando la ricostruzione e la crescita economica e, infine, gravando sulle condizioni di vita dei cittadini.
Default Russia: cosa accadrà adesso?
Un default su una grande Nazione ha, ovviamente con le dovute proporzioni, lo stesso effetto che avrebbe, su un normale cittadino, il non riuscire a ripagare un finanziamento. L’etichetta di “cattivo pagatore” è un pesante fardello per chiunque, Russia compresa. Ai creditori potrebbe non interessare il motivo – esterno, secondo le autorità russe – del perché un debito non viene pagato: se il rischio dovesse ripresentarsi, potrebbero spostare altrove i propri investimenti. Quando la Russia vorrà ricostruire la sua economia o portare avanti progetti interni, ma anche il semplice rifinanziamento dell’esercito, avrà bisogno di prestiti ed investimenti dall’estero. Con il default tecnico del 27 Giungo, la Russia potrebbe avere difficoltà a trovare questo tipo di investimenti. Il cambio dollaro rublo è un altro grattacapo per la banca centrale russa. Il valore del rublo è alto, rendendola una delle valute più “forti” al Mondo, ma per i “motivi sbagliati”, citando Michael Alexeev, professore di economia all’Università dell’Indiana. Ricevere pagamenti in dollari e spendere in rubli sarebbe ottimale se il valore della valuta russa fosse inferiore.
Il cambio deve quindi riposizionarsi su valori più deboli, ma farlo artificialmente potrebbe portare ad un collasso economico. Intanto, mentre per alcune produzioni la Russia ha potuto sopperire fondando nuove aziende statali, come successo per McDonald’s, per altre si trova in grande difficoltà. Con l’addio della Renault, che ha lasciato la Federazione Russa nel rispetto delle sanzioni occidentali, Mosca ha deciso di nazionalizzare gli ormai abbandonati impianti, per mantenere attiva la produzione di autovetture LADA. Tuttavia, non potendo importare componenti dall’estero, le nuove vetture sono prive di airbag, ABS e cambio automatico.
Queste difficoltà non si limiteranno, però, alla produzione di automobili, ma si espanderanno a molti ambiti della produzione tecnologica, come frigoriferi o anche smartphone. Nel lungo periodo, il popolo russo non arriverà a patire la fame, ma potrebbe dover “semplificare” il suo stile di vita. Difficile, comunque, che ciò abbia un decisivo impatto sulla percezione che i cittadini hanno di Putin e della sua operazione speciale in Ucraina. Gli ultimi sondaggi riportano oltre il 70% di approvazione al continuare la guerra nonostante le sanzioni, numeri che fanno intendere quanto la propaganda del Cremlino sia capillare, ma anche quanto gli effetti psicologici delle sanzioni alla Russia non siano particolarmente patiti dalla popolazione.
L’inverno del gas è alle porte
Gli interrogativi per il breve periodo sono molteplici. La contrazione economica russa, stimata intorno al 7% da JP Morgan a Marzo, è ora stata tagliata al 3.5%, dimostrando una resistenza alle sanzioni che ne rallenterà l’effetto. Questa resistenza potrebbe aiutare l’Orso a stabilizzare la propria economia, specie nei riguardi della popolazione, la vera chiave per mantenere alto il supporto alla guerra, come testimoniano l’aumento delle pensioni e degli stipendi deciso dal Cremlino. La Russia si è dimostrata inaffidabile nelle forniture di gas all’Europa e questo, entro qualche anno, potrebbe portare ad una totale indipendenza del Vecchio Continente dalle sue forniture.
L’indipendenza richiede però del tempo e l’inverno si avvicina. Alcuni analisti prospettano una gravissima crisi energetica nei prossimi mesi, che investirà principalmente stati come Germania e Italia, primi importatori di gas dalla Russia. Se Vladimir Putin decidesse di chiudere i rubinetti all’Europa, sarebbe la stabilità politica stessa dei Paesi coinvolti ad essere minacciata. I prossimi mesi saranno cruciali. Sarà importante anche la decisione sui miliardi di dollari di asset congelati alla Russia: investirli nella ricostruzione dell’Ucraina o restituirli come ulteriore proposta sul tavolo delle trattative? Il tempo stringe e l’inverno del gas aleggia minaccioso all’orizzonte.