Tè Letterario, Vietri: “Le mie canzoni nascono in tanti modi, anche dal suono di una parola”
«Un percorso tra canti e parole», così è stato annunciato dal direttore artistico Federico Curci e così è stato. Il terzo appuntamento del “Tè Letterario”, la rassegna culturale ideata da “Info Irpinia”, si è svolto nel pomeriggio presso l’Angolo delle Storie ad Avellino, con titolo “Musica popolare tra canti e parole” e con ospite il cantante e autore dei testi dei Lumanera Massimo Vietri, nonché promotore del disco solista con il progetto “Schustér” che sarà presentato mercoledì 6 dicembre.
«Sono tre appuntamenti che si legano tra loro - ha spiegato all’inizio dell’incontro Francesco Celli, presidente di “Info Irpinia” -, siamo partiti dall’approfondimento dell’informazione, abbiamo continuato con un appuntamento sull’ambiente e oggi insieme a Massimo andiamo alla scoperta della musica popolare e di come nasce la musica nel cuore di una persona che è molto legata al territorio». «Massimo non è solo il cantore dell’Irpinia, lui ce l’ha nel sangue» è la sua presentazione nelle parole della giornalista Marika Borrelli, che ha condotto il dibattito, «le parole che utilizza le prende dalla vita di tutti i giorni, dalla vita irpina, potremo chiamarlo un folklore moderno, un folklore alla Pino Daniele, che è il suo faro».
«Sono cresciuto a pane e Pino, sono di quella generazione là, mi ha aiutato a capire, al di fuori del grande artista che è stato - ha esordito Massimo Vietri, chitarra alla mano pronto a suonare le sue canzoni -. Quando ero ragazzo parlava in dialetto e riusciva a dire delle cose sia con le parole sia con linguaggi musicali, perché usava questi linguaggi musicali molto “meticci” tra il blues, la musica tradizionale, il mondo latino-americano. Questo modo di fare la canzone “mediterranea” in qualche maniera mi affascinava e da questa storia ho capito che era anche la mia stessa chiave di lettura per iniziare».
Vietri ha scritto “Terrafuoco”, che «è stata una manifestazione che si è fatta al centro storico per 11 anni - ha continuato il cantante irpino -, era una tradizione popolare, sono partito da quello che conoscevo, da ragazzo frequentavo i vari focaroni nella città, pensammo insieme al maestro Spiniello di fare una cosa nel centro storico e nacque questo evento che poi si è fatto per 11 anni e ha avuto tanti aspetti. Da questa storia è nata la canzone e poi i ragazzi della Lumanera vollero che il disco si chiamasse “Terrafuoco”, mi hanno convinto. La lumanera è il “focarone” a Capocastello, si fa il 14 febbraio come si faceva anche ad Avellino».
«Avellino ha anche altri simboli o storie dimenticate, per esempio un simbolo» della città «è Mariniello», che nella canzone di Vietri è «il simbolo della solidarietà», ha aggiunto la Borrelli. «Mariniello l’ho conosciuto, ero un ragazzino, frequentavo piazza Macello, i giardinetti, era uno dei luoghi che frequentava anche lui perché girava la città - ha spiegato Vietri -. Da bambini ci giocavamo attorno con il pallone, lui stava sulla panchina seduto, a volte dormiva. Era un uomo grande e grosso ma alla fine era una bravissima persona che a volte veniva preso in giro», diventato “simbolo della solidarietà” perché «una volta, suonando questo brano a Valle, si avvicinò una signora che mi disse che la mamma lo lavava tutte le settimane. Pensavo fosse una parente ma Mariniello veniva da Volturara ed è venuto nel dopoguerra. La mamma non lo conosceva neanche però aveva capito che aveva bisogno di una mano. Questa storia mi colpì tantissimo perché era un’altra Avellino, ho avuto la conferma che era quella Avellino».
Nel corso dell’incontro Vietri, accompagnato dall’irpino Gabriel Ambrosone alla fisarmonica, ha suonato vari brani come “Mariniello”, “Irpinia mon amour”, “A nonna mia”, “A rassa”. Il primo album da solista di Vietri è «una fusion, ci sono cantate in dialetto con la chitarra, l’armonica, la tromba, il pianoforte» come ha sottolineato la Borrelli, che ha aggiunto che «le canzoni le fa “sorgere” dal cuore, ha trovato il suo equilibro, alla fine è venuta fuori l’illuminazione e» ha scritto «35 brani». «Nasce tutto istintivamente ma ho avuto la consapevolezza che avevo la capacità di farlo, ho trovato un modo tutto mio per scrivere le canzoni. Per me le canzoni nascono in tanti modi, anche dal suono di una parola», ha aggiunto Vietri, che ha raccontato che “Irpinia mon amour”, una ballata, è nata perché «sono orgogliosamente irpino, era tempo che volevo scrivere qualcosa sull’Irpinia che non fosse la solita cosa, ho aspettato che nascesse dentro di me ed è nata a casa di due amici, due contadini di Paternopoli. In quel momento ho capito che era arrivato il momento di scrivere dell’Irpinia». Il cantante è anche chiamato “Schustér”, «che era un giocatore della nazionale tedesca molto forte, era una promessa agli Europei del ’78, era all’apice ed era uno che faceva di testa sua. Un amico mi ha messo questo nome, che è poi diventato il mio nome, racchiude dentro altri Massimi, altre storie». Infine, il brano “A nonna mia” si ispira a sua nonna, con cui Vietri è cresciuto, «che nel dopoguerra a 21 anni era vedova con tre figli, ha conquistato il futuro dei figli, era una tosta. Il brano prende spunto da questa storia personale, la riflessione di questo brano è sul fatto che più andiamo avanti più i ragazzi non se ne importano delle cose perché non soffrono, hanno sempre tutto molto semplicemente. Mia nonna mi ha insegnato a godere delle piccole cose, delle cose semplici».