"La poesia" a cura di Roberto Lombardi / Orologi
OROLOGI
Tic Tac: le lancette sono gli strumenti d’un’orchestra di perduti.
Il tempo è della società civile, un sufi lo sa, come uno yogi, un ballerino vero, che non danza su di un palco ma fra le persone.
Nella vita di tutti i giorni.
Ricordo quella sensazione del cinturino sulla mia pelle, del quadrante su di essa, terribile; come manette ticchettanti, appese lì a pesare sui movimenti, sui gesti.
Qualcuno potrebbe dire che assomiglino ai pesi degli allenamenti nelle arti marziali. Roba da guerrieri.
Non lo sono mai stato.
E la nonna mi diceva - Tu sei all’acqua di rose - scuotendo il capo in dissenso; gli amici se ne vantavano
-La prima cosa che guardano di me, è l’orologio- La prima cosa.
Ed io anche: per capire se chi avevo davanti era “uno di loro”, una delle persone che dava valore a queste cose, che non sentiva quell’oggetto come un marchio imposto da chissà quali esseri nazisti immortali.
Crescendo, diverso, cominciai a provare invidia per la loro naturalezza, e la mia, di naturalezza, invece, metteva a disagio: guardavano un alieno che guardava il mondo.
Il gioco era divenuta un’ossessione piccola come un orologio da taschino.
Tic tac. Ma la bomba non esplode.
Tic tic. Allo stesso tempo verità e frode.
Tac tac. Come un custode in mezzo a orologi di valore.
Donna, non puoi portarlo! Non mi ami, sennò.
Ed il tempo passa anche senza orologi: uomo, ormai, come il giorno alla notte, e forse, quando sarò pronto, forse, non ci farò più caso; tutto sarà parte di questa cosa che non ho mai detto a nessuno, mai veramente, solo accenni; che quello che non ho mai detto a nessuno è che – Si, sono vivo davvero. Ancora non ci credo-.